Meditazione Vipassana in Nepal

Da quando sono entrata in contatto con l’India, mi si è aperto un mondo nuovo ed ho iniziato ad avvicinarmi al pensiero filosofico orientale, in particolare quello buddista e induista, e così ho provato diversi tipi di yoga, di tipologie di meditazione, di pratiche ayurvediche, ecc. Viaggiando e vivendo in Asia si è soliti sentir parlare di yoga, meditazione, spiritualità, e naturalmente di Vipassana, soprattutto se viaggiate tra India e Nepal.

La meditazione Vipassana è una meditazione che dura 10 giorni, tempo durante il quale bisogna stare il silenzio, non si può leggere, scrivere, ma solo meditare, meditare e meditare. Mi ha incuriosito sin dall’inizio, come tutto ciò che è nuovo, e che riguarda la ricerca del benessere emotivo e della serenità dell’animo. Ma l’aspetto che più mi aveva colpito era il silenzio.

Inoltre, avevo letto parecchio sull’argomento, anche sui libri di Terzani. Avevo parlato di questa esperienza alla maggiorparte delle persone che avevo incontrato nei mesi precedenti, alcune di loro avevano già fatto meditazione e mi avevano raccontato le loro impressioni/rivelazioni, ad altre invece, completamente all’oscuro, avevo promesso che avrei raccontato della mia esperienza.

Pokhara

Mi ero ripromessa quindi che non sarei ritornata in Europa senza aver prima seguito un corso di Vipassana, come mi ero anche ripromessa che avrei fatto questa cosa da sola. Su questo punto, in realtà, le cose sono andate in modo molto diverso, perchè mi sono ritrovata a percorrere i cancelli del centro Dhamma con un ragazzo francese conosciuto settimane prima in India. La vita in fondo, ci insegna che gli eventi e gli incontri non sono prevedibili e che invece accadono per una ragione. Quell’incontro mi ha reso felice proprio quando più ne avevo bisogno, ed ero così grata alla vita che quella persona fosse entrata nella mia vita; però essendomi informata molto e conoscendo le diverse regole da rispettare sapevo che intraprendere questo percorso sarebbe stato per me ancora più duro. Allo stesso tempo però ero sollevata che non dovessi affrontare tutto quello da sola. Non nascondo che fosse davvero agitata perchè non sapevo cosa aspettarmi, dalla situazione, ma soprattutto da me stessa. Ricordo ancora quando dopo esserci registrati, aver lasciato i nostri bagagli ed aver preparato i nostri letti (davvero basic), ci siamo allontanati dalla struttura per gli ultimi momenti di libertà, abbiamo chiacchierato e ci siamo abbracciati per l’ultima volta, consapevoli che da lì a 10 gg ci saremmo dovuti ignorare, sì, perchè se qualcuno avesse notato un comportamento strano saremmo stati cacciati entrambi. Inoltre, nei momenti di attesa quel primo giorno, tutti noi allievi abbiamo inziato a fare amicizia, a ridere e scherzare, ed anche in quel caso, sapevamo che da lì a qualche ora a mala pena ci saremmo rivisti.

Realizzai poco dopo, che gli spazi tra uomini e donne era simmetricamente divisi e che non si ci saremmo riuniti neanche per i pasti. L’unico momento in cui uomini e donne entrando da lati diversi si sarebbero trovati nello stesso luogo, sarebbe stato durante le meditazioni di gruppo e durante le lezioni di Goenka nella saletta video, l’unica volta che potevamo guardare uno schermo ed eravamo più rilassati era proprio durante le lezioni del nostro guru/maestro spirituale Goenka; dire che le sue lezioni siano stati illuminanti è del tutto riduttivo.

In generale quindi la sensazione era quindi quella di ritrovarci in un convento.

Ma quali sono state le difficoltà più grandi da dover superare? Diverse ed in alcuni momenti, soprattutto i primi giorni mi sono chiesta così ci facessi lì.

  • al primo posto, non il silenzio, perchè in un luogo del genere viene abbastanza naturale, o meglio ci si abitua subito. La cosa più difficile personalmente è stata il non dover avere nessun contatto visivo soprattutto in alcune situazioni: quando le volontarie ci servivano da mangiare, oppure quando una ragazza mi teneva la porta aperta per farmi passare, perchè avrei voluto dire grazie almeno con gli occhi e a volte, soprattutto all’inizio l’ho fatto. L’atmosfera che si respirava quando mangiavamo era piuttosto strana, tutte in silenzio, solo il rumore delle posate, ed i canti del nostro maestro spirituale come sottofondo. Un giorno, dopo una sessione di meditazione ero particolarmente di buon umore e arrivai bella sorridente nella saletta dove avremmo mangiato tutte insieme. Dopo un po’, vedendomi circondata da tutte quella facce serie mi passò la voglia di sorridere e mi dimenticai persino il motivo per il quale ero felice. La realtà, ma questo l’ho capito solo man mano, è che ognuno di quelle persone, compresa me, era lì per far un percorso dentro se stessi, ognuno di loro, ognuno di noi porta dei fardelli piccoli o grandi dentro di sè, anch’io ne avevo di miei e la meditazione stava scavando nella mente, nell’animo delle persone sempre più profondamente. E’ fondamentale sapere che la sensazione di isolamento è fondamentale per questo tipo di meditazione.

  • Ovviamente anche quando uomini e donne si trovavano nello stesso posto si dovevano ignorare completamente, ecco, questo è stato particolarmente difficile. Il mio timore maggiore era che il ragazzo con cui ero arrivata potesse decidere di ritirarsi dalla meditazione, perchè in quel caso io non sarei stata avvisata della cosa e l’avrei scoperto solo a meditazione conclusa. In seguito, ho scoperto che anche lui aveva esattamente i miei stessi timori, e che entrambi ad un certo punto siamo entrati in piena crisi. Se a questo aggiungiamo che prima della meditazione avevamo passato tutto il nostro tempo insieme e che poi abbiamo dovuto far finta di non conoscerci, potete immaginare la situazione e la difficoltà.

  • Le ore di meditazione sin dalle prime ore del mattino ed il dolore fisico. Durante questo corso di meditazione, sono molte le ore di meditazione, quasi 11. Il ritmo delle giornate è abbastanza serrato, ed al contrario di quello che temevo, ovvero, di come avrei fatto a trascorrere le mie giornate, il calendario era così fitto che non si aveva tempo di pensarci neanche. Si iniziava la mattina, alle 4, con il dong e la campanella e da lì fino alle 21.30 quando saremmo andati a dormire, avevamo sessioni di meditazioni di gruppo o nelle “celle”, intervallate dalle pause pasti della colazione, del pranzo e dello snack*. Durante la pausa della colazione e del pranzo si aveva un po’ tempo per lavarsi, fare del bucato, dormire, oppure camminare nei giardini del centro.

*Il mantenersi leggeri è una delle prerogative quando si praticano attività come yoga e meditazione, ma più in generale di tutte le pratiche filosofiche orientali. Mantenere il nostro corpo leggero ed alimentarlo con pasti sani, per essere puliti dentro e fuori. Inoltre, in Paesi come India e Nepal, dove la cultura è immersa nello yoga e la meditazione è comune essere vegetariani e vegani per mantenere il corpo pulito e puro.

 

SENSAZIONI/EMOZIONI

Partecipare a questa meditazione, significa intraprednere un percorso all’interno del proprio animo e dell’animo dell’essere umano.

Nella vita di tutti i giorni non si siamo soliti a dedicare tempo ad ascoltarci, ascoltare noi stessi, le nostre pene e paure, delle nostre gioie e pensieri più profondi. Diverso è quando ci troviamo in un luogo in cui il tempo di cui abbiamo a disposizione lo si può usare per ascoltare se stessi, la proprio mente, anima, cuore, il proprio corpo, il proprio respiro.

Ci si ritrova a piangere senza sapere perchè oppure a sorridere, è un turbinio di emozioni, anche perchè si fanno i conti con la propria che viene messa a nudo da se stessi, ho capito tante cose su me stessa di cui voglio fare tesoro.

Il silenzio è stata una delle cose che più ho apprezzato, e di cui più ho beneficiato. I momenti preferiti della giornata erano il tramonto e la sera. In quei momenti adoravo camminare con i miei pensieri e soffermarmi sui fiori, le piante e gli insetti che mi circondavano e la sera invece la cosa che più mi piaceva era guardare il cielo, le stelle e la luna, ascoltare il suoni della natura tipici delle sere d’estate (nonostante fosse il mese di marzo) e proprio in una di queste camminate nel buio aspettavo di vedere quasi sempre nello stesso punto una lucciola, con la stessa gioia e curiosità di una bambina, si dice in fondo che la felicità è nelle piccole cose. Ecco, qui questo concetto sembrava proprio azzeccato, ed è stato curioso notare che le persone che come me si fermavano a guardare le formiche, i fiori o si erano accorti di quella piccola lucciola, erano proprio quelle con il quale c’era più sintonia!

Un momento carico di energia è stato quando abbiamo rotto il silenzio, vedere accanto a te quelle persone prima così tanto serie ora come liberate da qualcosa, serene, felici, sorridenti, la rottura del silenzio e la fine del corso è stato un’esplosione di gioia e di gratitudine per l’esperienza vissuta ed il percorso intrapreso. Mi chiedevo se anche gli altri vedevano le stesse cose che vedevo io in loro

Io ci ho messo un po’ a riniziare a parlare e sentivo che quel silenzio in qualche modo già mi mancava.. Non siamo più abituati al silenzio, ad ascoltare noi stessi e i suoni che ci circondano, viviamo in una società che si sta allontanando sempre di più dalla natura, dalle cose che nella vita contano davvero. Quel giorno, non sapevo neanche come avrei reagito a rivedere quel ragazzo francese, che così tanto mi era mancato, ma è stato bellissimo riabbracciarci consapevoli che avevamo fatto qualcosa di grande e di importante per noi stessi. Che quella sfida che così tanto duramente ci aveva messo alla prova era stata superata con successo. Ed era bello essere circondati dall’entusiasmo generale.

Non è stato affatto facile ritornare alla vita al di fuori del centro, ricordo ancora quando siamo usciti dai cancelli, sembravamo persi, ma soprattutto ci siamo resi conto di quanto fossimo stanchi.

Quando abbiamo deciso di visitare i templi di Lumbini la prima cosa che abbiamo fatto è chiudere gli occhi ed ascoltare, ci trovavamo nel tempio dedicato a Buddha, e di fronte a noi, c’erano degli alberi bellissimi, con appese tantissime bandierine tibetane che svolazzavano al vento, un gruppo di monaci tibetani che pregavano ed alcuni fedeli che cantavano canti religiosi, in un’atmosfera unica. Non c’era luogo migliore per la pace che sentivamo dentro. Poco dopo sdraiati sul prato, abbiamo chiuso gli occhi per ascoltare ancora una volta il silenzio, il suono quasi impercettebile degli insetti che svolazzavano attorno a noi, quelle piccole cose, che in realtà hanno per noi un valore così grande.

Quella sera, di quel giorno lunghissimo che rimarrà impresso nelle nostre vite, ci siamo ritrovati nel ristorante migliore di Lumbini, noi, quel gruppo folto di persone, provenienti da diverse parti del mondo, ognuno con la propria storia, a parlare, ridere e scherzare dell’esperienza appena vissuta, di viaggi, della vita.

Quella pace mi manca, certo, non c’è bisogno di andare in Nepal o di fare un corso di Vipassana per questo, sarebbe sufficiente, trovare un luogo dove poter stare in silenzio, circondati dalla natura e senza inquinamento luminoso. Però il fatto di trovarmi in Nepal, a Lumbini, nel luogo in cui Buddha è nato, a fare meditazione ha reso quelle sensazioni ancora più uniche ed irripetibili.

Quell’atmosfera, quelle sensazioni mi mancano, mi manca quella me, così intenta a trovare la pace interiore, o quanto meno impegnarsi ad intraprendere quel percorso… Qui, nella realtà in cui mi trovo ora è difficile continuare ad avere quello spirito.

Ma sono tante le cose che ho imparato sulla vita, su me stessa e la mia mente. Le lezioni di Goenka sono stati illuminanti, ed i vari step di meditazione mi hanno mostrato quanto la mente possa essere forte e potente ed è stato bello parlare di amore verso se stessi, verso gli altri, di benessere emotivo, di lotta tra bene e male, di armonia con la natura, argomenti di cui in genere nella nostra società occidentale non si parla mai.

Questo non significa che io mi sia trasformata in una persona diversa, la meditazione, soprattutto Vipassana, va praticata continuamente per poter avvicinarsi sempre di più al nirvana, ma significa certamente essere cambiati, ed aver cambiato il proprio modo di affrontare e percepire le situazioni, la vita. Ma è pur vero che così come viaggiare, soprattutto da soli, ti cambia, avvicinarsi alla spiritualità e filosofia orientale cambia te stesso e al tuo approccio alla vita.