Il Laos tra Wat e monaci buddisti

Da Siem Riep mi sono diretta in Laos via terra attraversando uno dei confini più corrti del Sud-Est Asiatico. Non ho dedicato il tempo che avrei voluto e che di certo merita questo Paese ma i ricordi di questa terra magica sono ancora vivi dentro di me. Ho scelto di visitare pochi luoghi e di fermarmi per più giorni e tra questi non poteva mancare Luang Prabang.

Prima di arrivare a Luang Prabang, sono passata da Vientiane e da Vang Vieng.

Premessa, nel mio percorso verso il Laos ho scoperto con molto disappunto che alcune località, soprattutto Vang Vieng, erano famose per i party alcolici e che molti giovani arrivavano fin qui per sballarsi. Addirittura, a causa di incidenti e di episodi poco piacevoli per i locali, le autorità hanno deciso di cambiare politica e di intraprendere una lotta allo sballo, quanto meno per limitarlo. Ora, non pretendo che tutte le persone vengano in Asia alla ricerca di una spiritualità e di atmosfere uniche, ma allo stesso tempo tempo mai mi sarei aspettata che ci fossero persone che vengono in Laos con lo spirito di fare festa e di ubrachiarsi neanche si trovassero ad Ibiza! Ad ogni modo se non si è alla ricerca di party, e quindi non si entrano in quei giri, non vi accorgerete molto di queste dinamiche.

Noleggiate una bicicletta ed esplorate con calma le aree limitrofe a questo Paese, vi aspetteranno montagne, colline verdi, mucche, bambini in bibicletta che vi sorrideranno…

Non perdetevi il tramonto seduti di fronte al fiume nel centro di Vang Vieng, meraviglioso!

In molti mi hanno chiesto dove andare per visitare delle comunità rurali, tribali, dove non ci sono molti turisti, ecco, è chiaro che l’Asia stia cambiando sempre più velocemente, e si ha la sensazione, che ci si debba spingere sempre più lontano, per allontanarsi dai luoghi più turistici ed ritrovarsi in un ambiente più rurale, più remoto. Ma cercando bene, e si ha l’approccio giusto si è in grado di vivere esperienze uniche anche in luoghi meno remoti.

Luang Prabang è uno dei luoghi che porto nel cuore, un posto decisamente unico, la città dei templi, la città dei monaci. Ho infatti deciso di restarci una settimana, per assaporarne le atmosfere. Quando si viaggia da un po’ si impara ad avere un certo istinto, a ricoscere quei luoghi in cui sai che potresti passarci del tempo rispetto ad altri che magari non ti hanno colpito molto.

Ciò che mi ha colpito di questa città del Laos, sono stati i templi, uno più bello dell’altro da visitare all’alba, al tramonto o alla sera, ed i monaci, che si prendono cura dei giardini oppure pregano. Ricordo ancora quando una sera sono ritornata in uno dei templi più belli mai visti, il Wat Xieng Thong; il giorno prima avevo parlato con un signore addetto alla biglietteria a cui avevo chiesto come poter meditare con i monaci e così lui mi aveva invitato a presentarmi il giorno verso el 18 di sera.  Ecco, quel giorno, non sono riuscita a partecipare a nessuna sessione di meditazione, ma in compenso ho avuto la fortuna di ritrovarmi quasi da sola in tutto il complesso. Ero lì, in uno dei templi più belli del Laos ad osservare la luce delle stelle e della luna che si rifetteva sui tetti a mosaico della pagosa principale, in quel momento dentro di me si è fatta posto un’energia positiva immensa insieme ad un senso di gratitudine profondo. Ho deciso allora di fermarmi in una stanza ed iniziare a meditare, o almeno a provarci… non importava, in quel momento l’unica cosa che contasse era il silenzio, la pace. Mi sono poi accorta dopo non so quanto tempo che un novizio stava attendendo che io finissi di meditare per chiudere le porte, in silenzio.

Quella stessa sera, mentre continuavo ad aggirarmi nel wat, ho visto dei monaci intenti a prendersi cura delle piante e dei fiori. Quella è stata una serata bellissima, magica che non dimenticherò mai; come non dimenticherò mai le sere a passeggiare verso casa, lungo il fiume quando ero solita vedere dei monaci attraversare il ponte di bambu illuminato dalla luce delle stelle e della luna.

Penso che se non ci fossero stati i monaci buddisti a fare da cornice a quel paesaggio, la mia esperienza a Luang Prabang sarebbe stata diversa. Forse è per via di quel senso dell’esotico, dell’immagine che noi abbiamo di un luogo. Osservare i monaci, immaginare le loro vite, così diverse dalle nostre, è stata la cosa che più mi piaceve fare, per il quale ho sempre provavo un senso di curiosità. Contavo infatti di trascorrere dei giorni ospite di un tempio come accade in altri posti del Sud Est Asiatico, come in Thailandia. Invece informandomi un po’ mi hanno detto che qui, in Laos, non c’è alcuna possibilità di fare un’esperienza del genere, e anche qualora ci fosse, in quanto donna non poturei parteciparvi.

Rispettavo quel distacco, quel senso di mistico, di lontano che percepivo quando li vedevo camminare per le strade. Ero cosciente che tra quei monaci, solo alcuni erano lì per vocazione, ma tanti altri invece hanno intrapreso quella strada per assenza di altre opportunità o come scorciatoia, altri ancora invece considerano il periodo passato in un tempio, un periodo di alta formazione e di arricchimento personale. Già in Cambogia avevo visto dei monaci che non si comportavano come tali e da lì si capiva ben presto che non lo erano davvero, fingevano di esserlo e persino in Myanmar, mi capitò di notare degli atteggiamenti piuttosto ambigui da parte di alcuni monaci, che non avevano avuto nessun pudore nell’osservarmi e farmi occhiolini. Qui invece era diverso, perchè l’aria era intrisa di spiritualità nonostante la presenza di turisti, nonostante la città mi dicano sia cambiata molto rispetto al passato, sembrava che questo non tocchi il mondo dei monaci.

Come visitatrice straniera, mi sentivo un po’ in colpa nei confronti di questa comunità, ad esempio la cerimonia del dono che si tiene prima dell’alba (thanksgiving cerimony), è diventata un evento turistico con masse di turisti che si presentano non rispettando neanche le regole base, con gente che si avvicina ai monaci per fotografarli, alcuni addirittura usando il flash, con gente che non rispetta il silenzio, scene a dir poco vergognose.

In più di un’occasione avrei potuto tentare un approccio con loro, ma ho deciso di non farlo, mi sembrava irrispettoso, ma mi è capitato in più di un’occasione di vedere dei giovani monaci, probabilmente novizi, parlare con alcuni stranieri. E la cosa inizialmente mi è sembrata piuttosto naturale. Ho capito presto che c’era voglia di un confronto tra culture e mondi diversi.

E’ proprio vero che la ricchezza in un viaggio sta agli incontri fatti e alle esperienze vissute piuttosto che ai luoghi visitati. E’ un concetto a cui penso sempre più spesso. Ed anche in quest’occasione il destino mi ha portato ad esaudire un desiderio poco prima di lasciare Luang Prabang ed il Laos. Avevo deciso di partecipare ad una conversazione di gruppo in inglese organizzata da un’associazione di volontari del posto, Big Brother Mouse. Ero venuta a conoscenza di questa associazione proprio una mattina all’alba in cui mi aggiravo tra le vie della città per capire dove avrei potuto assistere alla cerimonia. E così mi sono presentata nella sede di quell’associazione dove ho avuto l’occasione di conoscere diverse persone interessanti in attesa che i local arrivassero. All’improvviso entrò un giovane novizio e si sedette al tavolo del mio gruppo di stranieri, lui fu l’unico nostro studente di quel giorno, con lui parlammo di un sacco di cose e ci accorgemmo che la curiosità era reciproca, noi stranieri verso di lui, ma lui verso di noi; fu un’esperienza fantastica che mi aveva riempito il cuore di gioia e di gratitudine. Fu inoltre, un bellissimo modo di salutare quella città e quel Paese che tanti emozioni mi avevano regalato.