I cubani sono davvero felici?

Riflessioni sul popolo cubano e sulla realtà cubana al di là dei cliché turistici e del mito della rivoluzione

img_5488Tra i tanti motivi per il quale ho scelto di partire per Cuba, c’era la curiosità di osservare con i miei occhi e conoscere il più possibile il popolo cubano. Quando si pensa a Cuba e ai cubani, l’immagine da cartolina è quella di un popolo sempre allegro e sorridente, spensierato. Ma si tratta di un cliché turistico oppure della realtà?
Di certo per capire a pieno la realtà di un Paese come Cuba, bisognerebbe passarci molto tempo, ma nonostante il mio viaggio sia durato solo poco più di due settimane, mi ritengo fortunata perché ho avuto modo di relazionarmi con la gente del luogo e di parlare molto con i locals.
Una cosa va subito detta: i cubani sono restii a parlare di com’è la loro vita, se stanno bene o male. Le domande dirette non porteranno a nulla e forse è giusto che sia così perché se si ha davvero la voglia e l’interesse di comprendere un popolo o un Paese allora si sarà disposti ad aspettare. Il fatto è che noi occidentali ed europei siamo abituati ad avere tutto e subito, non siamo abituati alla lentezza.
La questione cubana è una questione piuttosto complessa per poterne dare giudizi senza i dovuti approfondimenti, ma soprattutto senza il distacco dal nostro punto di vista, dai nostri preconcetti sociali ed economici. Questo in realtà è quello che bisognerebbe fare ogni volta che si viaggia, spogliarci dei nostri credo e dei nostri punti di vista, mi piace fare il paragone con il l’infanzia, quando si scopre il mondo fatto di persone e luoghi con la freschezza e l’assoluta sorpresa. Solo così si potrà carpire, imparare e conoscere il più possibile di un luogo e poi farsi un’idea di ciò che si è visto.
La grande differenza tra il viaggiare ed fare il vacanziere è proprio questa: tornare a casa con delle domande, e foraggiare la nostra mente attraverso la conoscenza.
I cubani sono molto fieri della rivoluzione cubana, della loro storia di combattenti per la patria e per la libertà e questo lo si nota girando per tutto il paese, osservando i manifesti, ascoltando le musiche, la rivoluzione resta una parte importante della storia dell’isola. In molti potrebbero pensare che sia una cosa costruita ad hoc per il turista, ma io non credo sia così, perché quando un vecchietto canta per la strada “Comandante Che Guevara” trasmette un sentimento che sembra il più autentico possibile, è come se quella canzone e quell’interpretazione racchiuda in sé l’essenza e lo spirito cubano o almeno della generazione cubana di qualche anno fa.

Con la rivoluzione oltre a liberarsi del regime spagnolo si è voluto creare un popolo di eguali con uguali diritti. Come per molte questioni anche questa ha il rovescio della medaglia, poiché il voler rendere tutti uguali ha fatto si che non ci sia differenza alcuna tra un medico o un ingegnere rispetto ad esempio ad un contadino o ad una persona nullafacente. Gli stipendi dei cubani non variano a seconda della professione, e quindi l’unica possibilità di guadagnare qualcosa che vada al di là dello stipendio statale è racimolare delle mance magari in euro o dollari. Questo è un aspetto molto frustrante come mi confida Josè, ingegnere divenuto guida turistica. Sono infatti molti i medici e gli ingegneri divenuti guide turistiche o tassisti. Per la stessa ragione non è concepita la proprietà privata sia per quanto riguarda le abitazioni che per quanto riguarda i negozi. Immaginandosi di trovarsi in un Paese tropicale il viaggiatore si aspetta di trovare bancarelle di frutta e verdura invece colpisce la pressoché assenza di vendita di questi prodotti. Ora sembra che alcune cose stiano cambiando ed è infatti possibile vedere i primi negozi di parrucchieri e barbieri che non statali e le prime bancarelle di prodotti artigianali fatti dalle donne. Resta la certezza che questa gestione ha evitato il crearsi di una forbice tra ricchi e poveri, problema veramente drammatico se si pensa e Paesi come il Brasile.

Il governo inoltre è in grado di sostenere il proprio popolo garantendogli un sistema scolastico e sanitario tra i livelli più alti di tutta l’America Latina. Le università dell’Havana formano medici ed ingegneri di altissimo livello tanto che è il punto di riferimento per tutto il centro America e il Sud America. Inoltre, tutti i cittadini hanno diritto all’assistenza sanitaria, se si pensa a quest’ultimo aspetto e a quello precedente e lo si paragone con la situazione degli altri paesi di questa zona geografica del mondo, ci si rende subito conto di quanto tutto ciò sia davvero rivoluzionario.

L’embargo statunitense è un altra realtà che impatta sul popolo cubano, una crudeltà inenarrabile da parte degli U.S.A. nei confronti di un Paese in via di sviluppo. In seguito all’embargo i cubani fanno uso della pizarra de distribution, la bottega statale, e con i loro libretti ritirano i beni primari, ciò può portare il viaggiatore ad immagini dei tempi della guerra. Purtroppo spesso quello che il cubano medio riceve non è sufficiente e i prezzi dei beni di consumo hanno dei prezzi più elevati rispetto al loro stipendio. C’è da considerare comunque che il governo garantisce tutto a tutti, motivo per il quale a Cuba non esiste la mendicanza.

I negozi di alimentari vuoti è un altro aspetto che colpirà il viaggiatore, ma di certo non penso che i nostri supermercati pieni di milioni di prodotti pressoché uguali e per la maggior parte inutili rappresentino un buon esempio, anzi ritengo siano uno schiaffo alla povertà.

Il popolo cubano non può utilizzare internet, ma al contrario di quello che dicono in molti non è responsabilità di Castro ma dell’America che non permette la costruzione dell’infrastruttura telefonica/informatica per permettere a tutti di accedere alla rete. Ad oggi è possibile connettersi ad internet solo recandosi presso gli alberghi a costi davvero proibitivi per un cubano medio.

Ancora più onerosi sono i costi della telefonia, cosa che ho constatato io in prima persona. Questo rende molto difficile potersi parlare con parenti ed amici che vivono al di fuori dell’isola ad esempio in Italia.

Per quanto riconosca tanti meriti alla gestione castrista, come quello di avere un paese in cui non esiste mendicanza, in cui non ci sono grandi differenze tra ricchi e poveri, in cui la povertà che comunque esiste, non è di certo drammatica, un Paese non pericoloso con un ottimo sistema scolastico e sanitario garantito, aspetti da non sottovalutare se si pensa agli altri Paesi Latino-americani, non posso essere d’accordo con la limitazione della libertà personale. Su questo aspetto non meno importante degli altri mantengo una certa riserva. Non concepisco l’idea che un turista posso fare delle attività che il cittadino locale non può invece fare. Ciò pone il viaggiatore o turista ad un livello superiore rispetto all’abitante ed è un aspetto che mi ferisce molto perché è un aspetto in cui non mi ci ritrovo. Quando visito un Paese per quanto alla fine possa finire inevitabilmente col frequentare posti turistici, amo mischiarmi con la gente del posto, mangiare dove i locali mangiano, frequentare i luoghi dove i locali amano passare il loro tempo. Essendo un turista occidentale sarò sicuramente vista come una persona con buone possibilità economiche ma di certo non mi ritengo superiore al popolo che mi sta ospitando.
Inoltre, la libertà dell’individuo resta per me un valore irrinunciabile ed ho potuto constatare con i miei occhi quanto i cubani non siano liberi di poter fare quello che vogliono. La rivoluzione cubana è stata senza dubbio la risposta migliore al Paese e al popoli in quegli anni. Il socialismo per certi aspetti ha dimostrato di aver funzionato almeno all’inizio, ma ora penso sia arrivato il momento di cambiare.

Finito il viaggio, quale risposta posso dare alla domanda che fa capo all’articolo?

Ritengo che nonostante le limitazioni che il popolo cubano affronta quotidianamente, si conduca sull’isola una vita abbastanza serena. I cubani restano un popolo che affronta le difficoltà di ogni giorno a ritmo di salsa, di rumba e di son, che vive ballando e cantando quell’eroe nazionale che ha fatto la storia e che ha fatto diventare famosa questo piccolo paese nel Mar dei Caraibi. Un approccio alla vita da cui dovremmo prendere esempio e che deve farci riflettere.
Il mio auguro per i cubani, è che possano acquisire il prima possibile la libertà di poter scegliere dove vivere e come vivere, e quale paese visitare senza le restrizioni che attualmente vigono.

Agosto 2014

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